L’Ippocastano

L’Ippocastano

Questo albero originario dall’Europa Orientale è stato introdotto in Italia e nel resto d’Europa verso la fine del secolo XVI.
Il nome italiano significa castagno dei cavalli e in passato venivano triturate e date da mangiare ai cavalli per curare l’asma e il raffreddore. Quando ci si accorse che gli animali ne traevano sollievo, si cominciarono a testare anche sull’uomo e fu così che nacque la leggenda: le persone ne tenevano sempre un paio con sé in modo da proteggersi dal raffreddore.
Largamente coltivata nei parchi e nei viali. Ha un fusto diritto e robusto, chioma ampia e folta, foglie palmato composte e foglioline dentellate. I fiori sono di considerevole dimensione, ermafroditi, disposti in pannocchie erette.
I semi dell’ippocastano, simili alle castagne, si distinguono per la forma diversa, più sferica. Sono diversi anche i frutti, i ricci del castagno sono ricoperti da aculei sottili molto fitti, i frutti dell’ippocastano presentano aculei radi e tozzi. Il seme dell’ippocastano ha una germinabilità limitata nel tempo che non gli permette di riprodursi bene in maniera naturale; tuttavia, se i semi vengono ricoperti con terra e le condizioni ambientali (caldo-umido) sono favorevoli, tale tempo di germinabilità si protrae più a lungo e così ne aumenta le possibilità di diffusione.
Nel Parco Rossi gli ippocastani costeggiano il muro perimetrale Sud, anche se come molti degli ippocastani presenti nel territorio nazionale, sono stati decimati dagli attacchi di un fungo e di un lepidottero che ne danneggiano soprattutto le foglie.