Gli elementi architettonici del parco

Gli elementi architettonici del parco

Nella sua carriera, l’architetto vicentino Antonio Caregaro Negrin (1821-1898) dedica molto spazio all’ideazione dei parchi, in particolare al “giardino paesista”, in cui il rigoglio spontaneo della natura prevale sulla volontà razionale dell’uomo. Secondo la sua opinione, tale giardino “si presta a qualunque sito, a qualunque abbellimento pubblico e privato, a qualunque mezzo di fortuna, dalla reggia alla capanna”. L’architetto non nasconde comunque la sua predilezione per “le posizioni elevate come quella di Sant’Orso” o almeno “pittoresche, contornate da colline e panorami vari”. In questo caso, l’esperto progettista deve trasporre “ogni aspetto pittoresco della natura [circostante] nelle scene interne del giardino, così da ottenere l’illusione ch’esso appartenga al giardino stesso”.

Nel parco di Santorso, Caregaro Negrin porta al compimento il sogno ottocentesco dell’arte integrata, intesa come equilibrio dinamico tra tecnica, spiritualità ed estetica. Alla base di questo pensiero c’è un’enorme fiducia nella capacità mentale dell’uomo, considerato motore creativo di ogni progresso.

Il primo elemento di grande portata emozionale – per chi entra nel parco dal lato della villa – è la galleria che lo collega con il cortile, attraverso una scala che scende sotto il piano stradale e conduce a sorpresa verso un ampio belvedere, da cui si apre a ventaglio la vista panoramica verso il complesso paesaggistico. La luminosa circolarità del belvedere evoca simbolicamente il biancore dell’iride, mentre lo specchio acqueo della peschiera centrale richiama la metafora della pupilla, in grado di accogliere i riflessi della natura circostante.

Camminando lungo il sentiero che passa tra gli alberi secolari, ricercati e spesso esotici, si incontra un’altra meraviglia del parco: un tempietto rotondo con all’interno un grande acquario a parete, che trasporta il visitatore in una dimensione romantica del sogno ad occhi aperti.

Un altro elemento fondamentale è il laghetto, addirittura navigabile nel passato, che costeggia il muro di cinta del parco. La presenza pittoresca di radici del tassodio, diventa una suggestiva scenografia naturale composta da forme organiche simili a figure della fiaba. Proseguendo la passeggiata, si raggiunge la “grotta dei camosci”, costruita in pietra rustica, altro luogo chiave nel disegno originario di Caregaro Negrin. Il camoscio è un animale timido e schivo, abituato ai luoghi montani distanti dalla civiltà. Il maschio di questa specie è emblema dell’individualità e della solitudine, concetti particolarmente cari alla temperie romantica. Questo caprino si collega idealmente anche alla decorazione pittorica della facciata della casa padronale, di vocazione dionisiaca, in cui appaiono le figure delle Menadi danzanti, simbolo della libertà espressiva al di fuori delle regole quotidiane che governano la vita familiare e civica.